Sia che per RESILIENZA si intenda la capacità di reagire alle situazioni avverse, sia che si intenda la capacità di “coping organizzativo” finalizzato a “tenere il passo” o creare nuove opportunità, i punti in comune sono la capacità di gestire il cambiamento ed innovare.
Nel mercato globale le PMI hanno diverse difficoltà a seguire il cambiamento imposto dal mercato a causa del limitato accesso alle risorse. Di conseguenza l’unica soluzione è quella di sfruttare la snellezza organizzativa, data appunto dal fatto di essere piccole e medie imprese, per innovare ed “arrivare prima degli altri”. Inoltre per poter competere con i colossi multinazionali e le loro risorse, è necessario per una PMI specializzarsi in modo da competere su un campo più ristretto di competenze, ed arrivare quindi ad un livello di dettaglio e conoscenza della materia più profondo, ed in modo da focalizzare la capacità produttiva su quantità troppo piccole per una multinazionale, ma adeguate per una PMI.
Come è possibile misurare la capacità di innovare di una azienda? Innanzitutto bisogna partire dalla conoscenza dettagliata degli aspetti economici dei propri prodotti, cercando di capire da quali prodotti è composto il portafoglio delle vendite. Successivamente effettuare una valutazione delle potenzialità di ogni prodotto e della importanza dell’azienda nel mercato di tale prodotto: una “classica” valutazione tramite matrice crescita/quota BCG. Questa analisi effettuata una volta può dare ottimi spunti per definire nuove strategie di prodotto ma non indica una capacità dell’azienda di innovare, in quanto descrive una situazione puntuale, come una fotografia. Tuttavia la stessa analisi applicata allo storico dell’azienda, può dare una indicazione di quanti e quali nuovi prodotti sono nati e hanno avuto successo, diventando da “question mark” a “star”.
Un altro KPI che potrebbe dare informazioni aggiuntive sulla capacità di innovazione dell’azienda, è dato dalla misura degli investimenti in ricerca e formazione, tematiche troppo spesso considerate, purtroppo, secondarie dalle PMI italiane, sicuramente non aiutate dall’ambiente in cui operano (es. i limitati investimenti in ricerca da parte dello stato).
Infine, poiché in una PMI le risorse, soprattutto finanziare, sono scarse, il passo successivo è capire quali prodotti sono profittevoli (e quanto…) e quindi effettuare una analisi dello storico sotto questa luce, che permetta di capire se la azienda si sia specializzata nel tempo sui prodotti, o nel campo di competenze, “giusto” e sostenibile.
Le due analisi condotte parallelamente possono dare al management una misura di come l’azienda sia stata in grado di innovare e di specializzarsi. Con questa conoscenza del proprio passato, il management dovrebbe avere “armi” adeguate per prendere decisioni sul futuro e rispondere al cambiamento in maniera tempestiva e, ove possibile, guidandolo nell’ambito del proprio campo di azione.

simoneviga

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